OCCHI ANTICHI SUL FUTURO

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nikarlo
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OCCHI ANTICHI SUL FUTURO

Messaggio da nikarlo » mar ott 03, 2017 4:33 pm

OCCHI ANTICHI SUL FUTURO
PROVIAMO VECCHIE OTTICHE SU UN CORPO DIGITALE DELL'ULTIMA GENERAZIONE

Testo e foto di Roberto Piero Ottavi aprile 2005

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Hektor 7,3 cm f 1:1,9

Ottiche progettate e costruite 60 e più anni or sono come l’Hektor 7,3 cm, l’Elmar 9 cm, l’Elmar 135, il Thambar 9 cm, sistemi ottici concepiti per la fotografia in bianco e nero con lenti bianche e prive di qualsiasi trattamento, o il più recente ma pur datato Summicron 90 o l'Elmar 65 macro, possono continuare a dare le stesse emozioni di allora e se sì in quale misura e con quali limiti?
Già altri appassionati conoscitori ed amanti del microcosmo Leitz-Leica hanno meritevolmente scritto interessantissime pagine sull’impiego delle vecchie ottiche sulle fotocamere di ultima generazione facendo confronti diretti possibili grazie soprattutto al fatto che nessuna casa costruttrice più di Leica ha mantenuto la possibilità di completa intercambiabilità.
Tutte le vecchie ottiche a vite 39x1 possono infatti essere montate sulle fotocamere della serie M con la semplice aggiunta di un anello adattatore un tempo costruito soltanto da Leitz ed oggi proposto anche da altre ditte.
La differenza di tiraggio tra le fotocamere a vite e quelle a baionetta è infatti esattamente di 1 mm, spessore appunto dell’anello adattatore, e quindi qualsiasi ottica con montatura a vite 39x1 può essere perfettamente adattata a qualsiasi corpo Leica-M.
Fin qui nulla di nuovo, almeno per coloro che conoscono il sistema Leica, ma il mio intendimento è quello di andare ben oltre la intercambiabilità su fotocamere tradizionali a pellicola vecchie e recenti, argomento già abbondantemente trattato da altri.
La presentazione sul mercato di fotocamere digitali a telemetro con attacco Leica-M ha fatto un certo rumore non solo nell’ambiente della fotografia digitale ma anche in quello del nutrito numero di appassionati delle mitiche ottiche Leica e della loro resa soprattutto per quanto concerne il fuori fuoco mai più eguagliato.
Un po' tutti stiamo attendendo con impazienza qualsiasi novità a riguardo del corpo.

Immagine
Elmar 135 f /4

I progettisti Leica, attenti come nessun’altro a non “lasciare a piedi” i propri affezionati clienti, è noto che stanno lavorando già da tempo attorno al Digital Body M che sarà con tutta probabilità una M7 digitale ed il fatto che altre ditte concorrenti siano arrivate a presentare i loro prodotti in largo anticipo su Solms non va visto come l’ennesimo ritardo di Leica ma piuttosto come un “technical delay” dovuto a quella consolidata filosofia di progettazione che ha sempre costituito uno dei punti di forza della serietà Leica: nessun nuovo prodotto deve essere immesso sul mercato se prima non c’è la certezza di quella perfezione che in alcuni casi è stata compromessa dalla fretta di “arrivare primi”.
La ben nota questione dello slittamento nelle consegne del dorso digitale R, che tanto ha fatto gridare allo scandalo, non è che l’ulteriore dimostrazione di questo.
Pare addirittura che a Solms si stia prendendo in considerazione un sensore progettato “ad hoc” per il bianco e nero.
Nel frattempo, in attesa di conferme e novità e ritornando all’argomento di questo scritto, sotto il profilo tecnico-meccanico non esistono molte alternative e quindi dobbiamo necessariamente affidarci a ciò che il mercato attualmente offre per avere la possibilità di testare ciò che andavo scrivendo in apertura.
Possono ottiche progettate e costruite 60 anni or sono mantenere le loro prepotenti caratteristiche anche quando, proiettando l’immagine anziché su una pellicola su un reticolo di pixel, vengono utilizzate su fotocamere digitali?
Oltre 6 Mp sono, a mio avviso, sufficienti a costituire un attendibile banco di prova per le ottiche e quindi, dopo aver scelto alcuni vecchi obiettivi Leitz-Wetzlar dalla mia modesta raccolta, ho intrapreso questa coraggiosa avventura iniziata più per gioco che altro.
Nelle foto che corredano queste parole la dimostrazione tangibile della inossidabilità delle ottiche di Wetzlar non soltanto per un impiego in un sistema tradizionale moderno ma anche nell’azzardo di un utilizzo per il quale certamente non furono pensate: quello digitale.
Un argomento, quello trattato in queste pagine, che vuole assolutamente esulare dalle polemiche sui due sistemi e che intende invece riavvicinare un passato che passato non è ad un futuro che è già attualissimo.
Oltre le parole e le immagini vale soprattutto la dimostrazione di come sistemi di lenti progettati e costruiti in qualche caso negli anni 30 possano ancor oggi regalare, anche trapiantati in fotocamere digitali, atmosfere e sfuocati prerogativa di quei capolavori di ottica che nessun’altro costruttore fu mai più in grado di riproporre.

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Elmar 65 macro su Visoflex

Sotto il profilo della restituzione fotografica non vanno ovviamente dimenticati i due parametri limitativi che maggiormente influenzano questo utilizzo improprio delle ottiche tradizionali: la necessità che il sensore digitale venga investito da un fascio di raggi il più possibile riconducibile ad un cilindro perpendicolare al piano del sensore stesso ed il fattore di moltiplicazione della lunghezza focale derivante dal fatto che il sensore, nel nostro caso più piccolo del formato 24x36, cattura soltanto la parte centrale del fotogramma.
Il primo parametro influisce sulla vignettatura agli angoli e sulla resa ai bordi mentre il secondo introduce uno sfasamento dei concetti di profondità di campo e di compressione dei piani.
Anche se questi due aspetti potrebbero apparire come uno sconvolgimento difficile da accettare a chi non abbia minimamente approfondito determinate caratteristiche del comportamento di progetti ottici tradizionali su sistemi digitali, in realtà è soltanto questione di modificare leggermente gli antichi concetti ormai metabolizzati con anni di scatti.
Tralasciando gli aspetti tecnici e guardando soltanto la resa finale si ha veramente l’impressione di osservare immagini tradizionali con pastosità e plasticità che appartengono ad altri tempi.
Le immagini che accompagnano queste parole credo che valgano più che le parole stesse e costituiscono la dimostrazione della assoluta attualità di sistemi ottici progettati per la fotografia in bianco e nero.
E' quasi incredibile come, quasi incuranti del mezzo secolo trascorso dalla loro nascita, alcune ottiche Leitz-Wetzlar sfoderino ancor oggi quelle unghie affilate che le resero leggendarie.
E' il caso del Thambar 90, ottica oggi non rarissima ma stramente molto ricercata dai collezionisti, con cui è stata scattata la foto qui sotto.

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La resa dei mezzi toni è superlativa e la qualità dello sfocato che degrada dolcemente verso il nulla (e non drasticamente come accade nelle ottiche asferiche di ultima generazione) rievoca inequivocabilmente l'anima delle ottiche Leica dei tempi d'oro.
Chi potrebbe dire che è stata scattata con una fotocamera digitale?

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Summicron 90 f/2 svitabile
Chi potrebbe credere che un'ottica progettata settant'anni or sono sia in grado di confermare le carattersitiche che ne fecero quasi un mito anche oggi nella “forzatura” di un abbinamento così azzardato come quello da me tentato?
Eppure i risultati sono su queste pagine, a dimostrare la validità dell'accoppiata oltre che a mitigare la differenza di clima tra il calore della pellicola ed il gelo dei pixel.
Altrettanto affascinante è la resa del buon vecchio Summicron 90 svitabile f/2 compagno insuperabile di tanti meravigliosi ritratti in avalable-light con il quale è stata scattata l'immagine della pagina precedente.
Lo scatto è fatto a tutta apertura ed i particolari della lana sulla spalla, le imperfezioni della pelle della ragazza, la sottile catena al collo, i particolari nitidissimi della bocca, contrastano con la plasticità generale della foto dove, grazie ai pochi centimetri di profondità di campo a disposizione, la figura sembra staccarsi veramente da tutto il resto, gattone compreso.
Al di là comunque delle considerazioni certamente opinabili su l'uno o l'altro dei sistemi valgono le immagini, a dimostrare l'intramontabile assoluta qualità delle ottiche Leica, capaci oggi esattamente come mezzo secolo fa, di regalare prepotentemente anche in digitale quelle atmosfere e quelle pastosità che contribuirono a scrivere le pagine più belle della fotografia.
Le mie parole vogliono da un lato costituire, per coloro che come me hanno avuto la fortuna di arrivare a possedere alcune delle ottiche più affascinanti della vecchia produzione di Wetzlar, a non lasciar dormire sonni troppo lunghi a quei pezzi di prezioso vetro anche eventualmente avventurandosi come ho fatto io in un campo nel quale sembrano proprio non trovarsi a disagio, e per coloro che invece hanno assaporato soltanto la nitidezza delle moderne ottiche asferiche a non lasciarsi sfuggire, avendone la possibilità, obiettivi che sul mercato si trovano purtroppo sempre meno.
Al Photoshow 2005 che da alcuni giorni ha chiuso i battenti si è visto praticamente solo digitale con pochissime eccezioni prima tra tutte lo stand Polyphoto tradizionalmente e coraggiosamente attaccata al marchio Leica ed a tutto quanto costituisce ancora “the very best of the traditional photography”.
Prima o poi, è inevitabile, anche Leica presenterà la propria Digital Rangefinder, il mercato lo chiede e certamente non rappresenterà un momento di frattura con il passato.
Se, come è dato di credere conoscendo la filosofia Leica, i risultati saranno all'altezza di sempre, per quanto riguarda le ottiche le prove le abbiamo già fatte e, se il sensore saprà essere di giuste dimensioni, i risultati non potranno che essere migliori degli attuali.

Roberto Piero Ottavi

Note:
Le foto che accompagnano l'articolo sono state scattate con una fotocamera digitale attacco Leica-M munita di sensore da 6,5 Mp utilizzando le seguenti ottiche:
-Hektor 7,3 cm f 1:1,9 n. 538.366
-Elmar 135 mm f 1:4 n. 1.890.767
-Elmar 65 mm f 1:3,5 n. 1.721.159
-Thambar 9 cm f 1:2,2 n. 418.200
-Summicron 90 mm f 1:2 n. 1.743.309

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